Ristorante Puro & Semplice

Scaldami il cuore (e già che ci sei anche i piedi) 

Cena del 23/11/2011
Questo titolo mi è venuto così, si vede che si avvicina San Valentino (chi mi conosce bene penserà che ho assunto un ghostwriter, dato che è risaputo che io ABORRO San Valentino). Però in fondo io sono una romanticona, ma sono anche una persona molto pratica, quindi in realtà il titolo di questo post esprime appieno la mia personalità. Detto ciò, rieccoci! Chiediamo venia per la lentezza nell’aggiornare il blog, ma solo in parte, chè qui nessuno ci paga per andare in giro a mangiare, bere, e descrivere per filo e per segno le nostre avventure e disavventure culinarie! Quindi VOI, chef, ristoratori, titolari di agriturismi in giro per l’Italia, INVITATECI! E poi vedi come lo aggiorniamo di corsa il blog. ;-D

Poi si sa, nel ritardo ci sono anche gli annessi e connessi, la vita frenetica, il lavoro (sì sempre quello, quello MONOTONO…no vabbè, non siamo qui per polemizzare, vi basti sapere che il mio ultimamente rischia di diventare noioso come un ritrovo dei comici di Zelig, chè io sono più brava di te con le metafore, caro Mario). Nel frattempo è iniziato l’anno nuovo, sono iniziati i buoni propositi, i vecchi progetti, e l’ultimo calendario, a voler dar retta ai Maya. Come minimo se ci azzeccano devono offrire la cena a tutti. Non è che pensiamo sempre a mangiare, ma scusate se deve finire il mondo non viene in mente anche a voi di salvaguardare le cose più importanti della vita?

E a proposito di eventi poco allegri, il luogo prescelto per la nostra cena non è riuscito a levare in alto il nostro spirito diciamo, un pò come le temperature di questi giorni (indizio). Però il posto è accogliente, gradevole, un pò country chic, o minimal country, o addirittura minimal provenzal (a neologismi siamo sempre messe bene). Tavoli in legno, lenzuola bianche (non saprei come definirle altrimenti) a decorare le pareti, la credenza della nonna in fondo alla sala e i suoi piatti appesi ai muri accanto a lumicini d’altri tempi. Più provenzal che minimal in effetti. Fuori, parcheggio non pervenuto, dentro ci facciamo strada con una certa sicurezza, forse troppa, dato che io presa dall’entusiasmo faccio per entrare direttamente in cucina…vabbè ho sbagliato, non ci vedo più dalla fame! Ecchevvelodicoaffare.

Antipasti

I dettagli sono piacevoli, ci piace il menù, e ci piace la lista dei fornitori alla fine, si vede che qui ci tengono ai particolari, e amano motivare le loro scelte. Solo che a noi spetta il cameriere saputello, e per di più dotato di ansia da prestazione. Avete presente? Anticipa le nostre scelte (perchè ha origliato mentre scandagliavamo il menù), non si scrive niente quando prende le ordinazioni, e ogni volta che si trova dalle nostre parti ne approfitta per un innocuo “Tutto bene?”, accompagnato dal più compiaciuto dei sorrisi. Bè sì, tutto bene, però se me lo chiedi 7-8 volte dopo un pò comincio a sentirmi mancare anche io, che pure sono una che ha bisogno di conferme nella vita. Intanto Elisa, dall’interessante cantina, ha estratto dal Veneto un Fornetto dei Colli Berici dell’azienda agricola Cavazza del 2007.

Il Vino

Il Panzerotto dell'accoglienza

In attesa degli antipasti ci arrivano dei simpatici panzerotti mozzarella e pomodoro, la cui temperatura interna ricorda vagamente quella del nucleo del sole, ma che non mancano di metterci a nostro agio. Solo che non sappiamo che siamo in procinto di rimpiangere quel ripieno rovente: direttamente dalla sezione “I nostri classici” del menù arriva la Battuta di manzetta al coltello, buona, ben accoltellata, abbastanza minimale, ma una carne non proprio da standing ovation, più da dignitoso applauso. Segue l’Insalata di granseola con dressing agli agrumi, e qui scusate ma ci siamo rimaste male. Niente da dire sulle materie prime, ma forse ho capito perchè hanno cercato di stordirci col panzerotto bollente: è tutto troppo freddo! La granseola non ha avuto il tempo di acclimatarsi, e quegli inebrianti aromi di agrumi che certamente volevano possederla si son fatti passare la voglia quando si sono accorti che il tragitto dal frigorifero al nostro tavolo aveva rasentato il teletrasporto. Di sicuro una permanenza più lunga a temperature non polari avrebbe fatto guadagnare non poco ai sapori. Peccato!

La Battuta di manzetta

L'insalata di granseola con dressing agli agrumi

Dalle “Proposte del giorno” assaggiamo il Vitello rosa con scaglie di Parmigiano Bonati 3 anni e dressing al tartufo bianco, discreto, buona la carne, ahimè tutto un pò troppo freddo anche qui, e il tartufo risulta un tantino dominante, forse senza di lui il piatto avrebbe avuto ben poca personalità. Dignitoso comunque, come anche il Tomino di pecora delle langhe con pera, noci e miele di castagno, sempre dalle proposte del giorno: lui sì, ha un suo perchè, pur nell’abbinamento scontato ha qualcosa di speciale, e ben rappresenta il “puro e semplice” che dà il nome al locale. Promosso!

Il Vitello rosa con parmigiano e dressing al tartufo bianco

Il Tomino con pera, noci e miele di castagno

Primi e Secondi

Tra un delirio di onnipotenza e l’altro del cameriere (al ventesimo “Come sta andando?” temo per la sua incolumità), arriva il Risotto al marsala, foie-gras fresco e tartufo nero: ecco, dall’onnipotenza alla prepotenza. I sapori si sentono, ma non sembra che vivano in perfetta armonia, piuttosto che facciano a botte per farsi sentire, me li immagino sgomitare a forza di “ci sono anch’io!”. Un pò aggressivo, ma tutto sommato non male, anche se la presentazione non è al top. Di seguito i secondi, con la Coscetta d’anitra all’arancia e finocchietto con lenticchie e riduzione al marsala, piatto un pò retrò ma ben fatto, anche se Laura non può fare a meno di osservare “Ma che strane cosce che hanno le anatre!”. Sarà la deformazione professionale del medico, non resiste all’anatomia neanche se fa la sua comparsa circondata da un vistoso contorno di lenticchie.

Il Risotto al Marsala, foie-gras e tartufo nero

La Coscetta d'anitra con lenticchie e riduzione al Marsala

Intanto, il freddo torna ad essere il filo conduttore della serata: succede con il Baccalà mantecato con crostino di polenta, e qui la temperatura non aiuta un piatto già di per sè un pò sottotono. Il baccalà è abbastanza gustoso, non pervenuto invece il sapore per i crostini di polenta. Chiara non riesce a finire la sua parte, tutto ciò è molto disdicevole! Affrante ci chiediamo, chi siamo NOI per esprimere giudizi negativi? “Ragazze, secondo me ormai siamo abbastanza brave! E il nostro compito è dare consigli costruttivi agli chef!”, ebbene sì, Elisa è la regina dell’ottimismo. In realtà noi non siamo proprio nessuno, solo delle povere affamate bisognose di amiche e chiacchiere, il nostro è il parere dell’uomo di strada, anzi, delle donne di strada in questo caso. Mi sa che questa suona MALISSIMO. Vabbè che di questi tempi…vedi cosa succede a dire che il posto fisso è noioso?

Il Baccalà mantecato con crostini di polenta

Dolci

Arriviamo al dessert colme di speranze, in parte disattese: iniziamo con un trio di classici Bignè con crema alla vaniglia e salsa al cioccolato, un pò inutili a dir la verità, a parte la pasta choux che rivela una buona mano; stesso discorso per il Semifreddo al torrone di Alicante con salsa di pere, si lascia mangiare senza proteste ma senza particolari esternazioni di stupore. Menzione speciale invece per la Tarte tatin con crema inglese, deliziosamente ben fatta, e per il Fondente al cioccolato, salsa al caramello e croccante, realizzato con cioccolato di qualità sicuramente ottima, dal sapore maliziosamente avvolgente. Nel complesso i dolci rivelano qualche problemino di struttura, di consistenza, di ingegneria edile diciamo (questa scrivetevela, vi autorizzo io).

I Bignè con crema alla vaniglia e cioccolato

Il Semifreddo al torrone con salsa di pere

La Tarte tatin con crema inglese

Il Fondente al cioccolato con salsa al caramello

L’impressione finale è che ci sia qualcosa che stoni. Va tutto bene, le materie prime sono scelte con cura (fanno persino nomi e cognomi di chi li rifornisce), i piatti sono ben eseguiti. Ma sento aleggiare la presenza di Mara Maionchi: “Bravo. Hai cucinato bene. Mi sei piaciuto”. Come un compitino corretto dall’inizio alla fine…ecco, una cucina un pò scolastica. Forse manca la ricerca (ma neanche tanto), forse manca l’eccellenza (ma non del tutto), forse manca un pò il cuore. Oppure il cuore c’è, ma va un attimino riscaldato, come gli antipasti. E oggi è il 6 febbraio, andatevi a vedere come sta nevicando a Sassari e a Napoli, e poi ditemi che non devo credere ai Maya (se nevica a Napoli, la fine è vicina). Il conto non aiuta: €175  in tutto (di cui €20 per il vino), ma in realtà questo posto merita una seconda occasione. Quindi, oggi più che mai, alla prossima! V.

Puro & Senplice Cafè Comfort Food
Via Felice Casati 7, Milano
Tel. 02 89656162

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Trattoria Albero Fiorito

Se l’Unesco batte la crisi  in osteria 

Cena del 19/10/2011
L’autunno incombe, e incombe talmente tanto che è praticamente già inverno. Ma con la nebbia fitta che neanche il fumo scenografico a X Factor. E un susseguirsi di eventi tra crisi, governi tecnici, mari e monti, altro che autunno caldo, qui siamo tutti a rischio ustione. Attenzione però, questo NON è un blog di attualità socio-politica (come forse avrete intuito), si chiama Buongustaie Disperate, mica Buongustaie Impegnate. Che poi è la stessa cosa, di questi tempi. Ma bando al pessimismo! C’è sempre il cibo, ci sono le amiche, e ci sono pochi soldi, difatti eccoci a condurre un esperimento scientifico che ci farebbe entrare di diritto alla redazione di Voyager: prendete il portafoglio, apritelo, e controllate quanto contante c’è dentro (non vale andare a prelevare nel frattempo); scommettiamo che qualunque cifra contenga, con quella noi vi facciamo gustare un menù completo A MILANO, vino incluso? Se vi va bene, anche in compagnia. E se siete da soli, con la stessa cifra vi guadagnate anche il commensale al tavolo. Curiosi? E fate bene! (a meno che non siate gatti naturalmente).

Il posto visto da fuori non è esattamente accogliente: un’insegna sgangherata, un ingresso semi-nascosto accanto a un anonimo Grand Hotel (che fa tanto neorealismo), e un pittoresco gruppetto a fare da filtro all’entrata. Ci sono tutti: l’abituè già ubriaco, il punkabbestia con citata bestia al seguito, l’amico goloso di “dolcetti” di Amsterdam, e noi, tre buongustaie su quattro (in attesa di Chiara) che quando si tratta di mangiare non si fanno certo intimorire da un pò di umanità da bettola di quart’ordine. Ma questa non è una bettola, è un luogo sacro! Talmente sacro che ha regole ben precise da rispettare: regola numero uno, si arriva presto, PRESTISSIMO, non più tardi delle 19:30, pena il rischio di non mangiare. E infatti noi ci siamo date appuntamento alle 19:00, secondo voi possiamo correre un rischio del genere? Inutile cercare di prenotare, qui non si può.

Regola numero due, non si occupa il tavolo a titolo preventivo. Io, Elisa e Laura, colme di fiducia e dell’opportuno ottimismo di questi tempi, entriamo a chiedere posto per quattro, e per tutta risposta il padrone di casa, classico oste dall’aria burbera (e che non nasconde nessun cuore d’oro) ci rimbalza con un perentorio “siete in tre, dov’è il quarto?” Ehm, ma sta arrivando! Povere illuse. “Prima arriva, e poi entrate a chiedere il tavolo, così lei impara ad arrivare in ritardo, e VOI imparate a farvi rispettare.” Oh mamma! Le buongustaie sono cadute in disgrazia! Cominciamo a bombardare Chiara di sms e telefonate minatorie, mentre Elisa si chiede se questo posto sia igienicamente affidabile (bè, ma gli anticorpi a qualcosa dovranno servire).

All’arrivo di Chiara, rientriamo con un certo timore ma con rinnovato orgoglio, e con la dignità rimasta ci affacciamo al bancone per sentirci chiedere subito: “Mangia e vai o tiratardi?”; noi al colmo della disperazione optiamo per un sicuro Mangia e Vai. Ci accomodiamo quindi nella saletta più piccola del locale, che ha veramente l’aria di una locanda di altri tempi, nel senso che non viene rinnovato dal 1957 probabilmente.

Regola numero tre, qui si fa tutto da soli: ci si serve da bere, si prende la lista all’ingresso, e forse si assaggia anche quello che stanno mangiando gli altri, dato che non appena Laura butta l’occhio sul piatto di fagioli di un avventore quello prontamente la invita: “Ne vuoi un pò?” Facciamo che questa regola la si può anche trascurare.
Intanto vicino a noi si accomoda un signore dall’aria scafata e dalla parlantina facile, che si trova a Milano per lavoro e che da quando ha scoperto questo posto ha deciso che non lo molla più. E come biasimarlo! Tra l’altro la sua navigata esperienza torna utile quando fanno capolino due ragazze dall’aria spaurita che esitano nel prendere posto accanto a lui: “Ci hanno detto di sederci a questo tavolo, ma è occupato!” Macchè, ci sono tre posti liberi, qui si deve ottimizzare. E poi c’è crisi. Quindi se siete meno di quattro preparatevi a cenare con degli emeriti sconosciuti. E’ il bello della vera osteria!

Il Vino

Noi, ormai totalmente indisciplinate, veniamo ammonite per la seconda volta. Il burbero si avvicina con la lista in mano, e con l’aria tra l’affranto e il rassegnato ci chiede più retorico che mai: “E’ la prima volta che venite qui?” Mentre sbirciamo il menù che ci ha lasciato si allontana mormorando “Non vi abituate male però eh!”, mi sa che abbiamo fatto una pessima figura da donne per niente emancipate. Mestamente Elisa e Chiara vanno a prelevare al bancone acqua e vino, un sorprendente Refosco del Veneto che ci mette subito allegria. Le ordinazioni ce le scriviamo da sole sul biglietto appositamente fornito, e dove bisogna segnare tutto e subito, dolce compreso, non sono ammessi rinforzini dell’ultim’ora.

Il formaggio fritto

Le sarde in saor

Il fegato alla veneziana

Ringalluzzite dall’aver messo nero su bianco quello che stiamo per degustare, Elisa si lascia andare a uno sfrontato “Eh, ‘mangia e vai’, ma quando arriva il cibo??” Arriva arriva, servito da una deliziosa vecchina artefice di tutto il menù, che sembra uscita anche lei dalla macchina del tempo. Cosa si mangia dunque? Questo è un post anti-crisi, quindi risparmiamo anche sulla classica suddivisione delle portate. Persino le foto sono clandestine, abbiamo paura che il burbero ci sequestri la macchina fotografica come il professore che becca l’alunno a smanettare col cellulare. Ma che gioia quando comincia ad arrivare il cibo! E’ un tripudio di piatti casalinghi, cucinati con una mano che solo la migliore delle nonne può avere: il formaggio fritto che fila che è una meraviglia, le sarde in saor deliziose, e ancora in Veneto con il fegato alla veneziana, che più gustoso non si può, e io di norma il fegato non lo mangio. Ma stasera mi mangio il fegato molto volentieri!

Lo spezzatino di vitello

La lingua salmistrata in salsa verde

Facciamo fuori allegramente anche lo spezzatino di vitello, accompagnato da un piattino casalingo di patate all’olio come solo la nonna sa fare, e la lingua salmistrata in salsa verde con il contorno di radicchio rosso, e anche la lingua non è che sia tra i nostri piatti preferiti, ma questa è buonissima! Tanto più che Laura ha particolarmente fame: “Sarà perchè sono a digiuno dal pranzo.” Nel senso che ha saltato il pranzo? “Certo che no! Ma è da dopo il pranzo che non mangio niente!” Pienamente condivisibile.

La mousse al cioccolato

La torta al cioccolato e pinoli

E’ con i dolci che la nonna dà il meglio di sè, e che noi ci malediciamo per averne ordinati soltanto due in quattro: una mousse al cioccolato nella quale ti tufferesti e una torta al cioccolato e pinoli da applausi. Chiara nonostante questo riesce ad affermare nostalgicamente: “Se avessi avuto anche la torta di mele mi sarei sciolta in un brodo di giuggiole!”, per sentire Laura commentare: “Se avessi avuto QUESTA torta intera me la sarei mangiata tranquillamente”. Il che tra l’altro non fa che dare voce ai nostri pensieri.

Sono le ore 20:05, e abbiamo spazzolato tutto. Pronti via, mangia e vai! L’entusiasmo è evidente, tanto che appena ci alziamo il nostro vicino di tavolo si unisce alla nostra felicità decantando le lodi di questo luogo che secondo lui dovrebbe essere considerato un patrimonio natural-culturale. “Magari dall’UNESCO!” aggiungo io. Non l’avessi mai fatto, gli si illuminano gli occhi, e temo che si stia già chiedendo dove può trovare l’indirizzo email dell’Unesco.

Ma attenzione, c’è un esperimento scientifico da portare a termine! Quanto c’era nel vostro portafoglio? Bè, noi abbiamo tirato fuori IN TUTTO €32,70 (ah, qui si accettano solo contanti). EBBENE SI’!!! L’ultima regola vuole che andiate diretti dal burbero al bancone, ad elencare tutto quello che avete mangiato (compreso il numero esatto di panini che vi hanno portato nel cestino), al che lui sulla fiducia emetterà una ricevuta che voi provvederete a incorniciare a casa come prova per i miscredenti. Noi per riprenderci dallo shock (e vista l’ora), ci siamo concesse un Cosmopolitan (certo, dopo l’osteria da 8 euro a testa…siamo proprio trash!), in uno di quei locali dove alle nove fanno ancora l’aperitivo. E dove infatti ci servono automaticamente un piatto non richiesto di farfalle precotte e stracotte che farebbero stramazzare al suolo la povera nonna. D’altra parte gli argomenti della conversazione richiedevano un certo sostegno…ma questa è un’altra storia! Alla prossima! V.

Trattoria Albero Fiorito
Via Privata Andrea Pellizzone 14, Milano
Tel. 02 70123425

Manna Ristorante

Attrezzi del mestieri ed equivoci da esperte

Cena del 23/06/2011
Ultimamente sono DROGATA di televisione. Ma in senso buono. Come è possibile tutto ciò? Evitando qualsiasi cosa che abbia a che fare con la TV di stato, e inebriandosi solo di programmi di cucina naturalmente. Sono pazza di Master Chef Italia, sto cominciando a sognarmelo la notte. Sarà perchè ho paura che Cracco e Bastianich escano rispettivamente dal forno e dal frigo mentre preparo la cena, pronti a coprirmi di vergogna con un solo sguardo o a gettare con tutto il disprezzo di cui sono capaci i miei miseri preparati nel lavabo. Barbieri invece mi rilassa, con quel suo accento emiliano che gli impedisce di pronunciare “pressure test” con un qualsivoglia suono anglosassone, e allora hai voglia a metter paura ai concorrenti: “Mò ti tocca il PRESSSSSSiure test”. Caro! Ma tanto poi è bastardo pure lui. Se ti deve dire che fai schifo te lo dice, con tanto di ESSE bolognese. Li adoro!

Mentre penso a che cosa farò della mia vita quando il programma sarà finito, mi preparo con le colleghe buongustaie ad affrontare degnamente l’autunno, non prima di avervi raccontato la nostra ultima cena proprio prima delle vacanze estive, l’ultimo degli arretrati!

Stasera siamo in forma smagliante, e non ce lo diciamo da sole, ce lo dice LUI, lo chef-ospite-patron del Manna, ristorantino strategicamente ubicato in una tranquilla e insospettabile piazzetta dietro Viale Monza. Ora che ci penso, non assomiglia per niente ai miei tre idoli della televisione, non ci ha insultate neanche una volta quella sera. Ma forse perchè lui cucinava e noi mangiavamo…ok, bando al masochismo e cominciamo a degustare!

Antipasti

La scelta dei piatti è particolarmente facile: primo perchè il menù offre giusto giusto quattro scelte per ogni portata, in secondo luogo perchè il nostro amico baffuto e dall’aria di chi la sa lunghissima si mette (letteralmente) una mano sul cuore quando ci vede (che sospetti qualcosa?) e ci propone di assaggiare…tutto, con un’unica concessione quantitativa ai primi che verranno serviti in porzione dimezzata. Mi piace questo sgravo decisionale!

La battuta di carne con pere e rafano

Le melanzane con stracciatella, guanciale e timo

Il vino è un Dolcetto d’Alba Castellengo di Ca’ Du Luin, scelta abbastanza neutra dato che non sappiamo esattamente cosa aspettarci. Ma la colpa è tutta degli insoliti nomi dei piatti, l’ironia qui non manca e questo ci piace! Mi sa che ci piace un pò troppo però. Il fatto è che il primo antipasto è il golosissimo ‘Ortaggio Folle’, melanzane con stracciatella, pane, guanciale e timo, come descrive con sapienza la gentile cameriera che ci porge il piatto. Non l’avesse mai fatto. Elisa, con tutto il candore di cui solo lei è capace, chiede subito “Ah ma la stracciatella, proprio il gelato?”. Che con le melanzane e il guanciale si sa, è la morte sua. In fondo l’ortaggio è per sua stessa ammissione FOLLE, quindi la buongustaia non può essere da meno. Laura ci fa notare che a questo punto dovremmo essere un pò più “esperte” da sapere certamente cosa è la stracciatella. Ma Carlo(Cracco) io lo sapevo, te lo giuro! Ti prego non venirmi a trovare in sogno! Per fortuna l’ortaggio è folle ma anche deliziosamente ricercato, mentre la battuta di carne cruda di manzo, pere e rafano ‘Ha vinto l’altra’ (così si chiama) si rivela freschissima e con un abbinamento inedito ma azzeccato, anche se forse il rafano copre a tratti il sapore della carne (che abbia vinto lui alla fine?).

Le alette di pollo speziate con ketchup crudo

La ricciola con verdure, zenzero e coriandolo

Rischiamo un secondo momento topico quando arrivano le ottime ‘KFC’ alette di pollo speziate con ketchup crudo e menta, laddove il ketchup crudo in questione viene servito in una simpatica tazzina. “Ma il caffè non è per me!”, Elisa per fortuna non riesce ad attirare l’attenzione del cameriere, e quello che pensava fosse caffè finisce subito sulle alette e le rende ancora più gustose. C’è una bella ricerca in tutto ciò, come anche nella ricciola scottata con verdure estive, zenzero e coriandolo ‘Ricci bollenti’, delicatissima e ornata da ciuffi di sedano ghiacchiato e super croccante che creano un contrasto apprezzabilissimo. E per oggi con le gaffe abbiamo dato!

Primi

Gli spaghetti con pomodoro e scorza di agrumi

Il riso con cozze, gorgonzola ed erbe amare

I primi sono un trionfo di sperimentazione ed originalità riuscite: i ‘Banalissimo’, spaghetti con pomodoro leggermente piccante e scorza di agrumi, che suscitano l’entusiasmo di Laura (“Ti esplode l’agrume in bocca!”), e il riso mantecato con cozze, gorgonzola naturale ed erbe amare ‘Muscoli blu’, ambizioso e alquanto rischioso (e infatti il sottotitolo nel menù è “Ma questo è scemo?!?!”) ma centratissimo! Lo adoro, quasi quanto il ‘Sopa Fria’ gazpacho con sedano e pistacchi salati, che è assolutamente divino! L’abbinamento con il sorbetto al sedano e pistacchi è l’accoppiata definitiva. Un vero colpo di genio! Concludiamo in bellezza con i ‘Quasi peperonata’ ravioli tostati di peperoni, patate e pasta di salame, assolutamente spettacolari nella loro chiccosa rusticità.

Il gazpacho con sedano e pistacchi

I ravioli di peperoni con patate e salame

Secondi

Chiara sta immortalando gli angoli artistici di questi locale intimo e sobrio, dall’ambiente essenziale e chic ma molto informale, e con qualcosa da dire. E il design non è l’unico a parlare: lo fanno anche i secondi, e che chiacchieroni! ‘Ma con tutti i pesci che ci sono…’ pesce spatola arrosto con valeriana, yogurt, cetriolo ed aneto è da applausi! Standing ovation (metaforica) al trio di sapori che esaltano la nostra amica spatola. Non è invece all’altezza il ‘Riassunto di scoglio’ zuppa di pesce di scoglio con polipo e seppie, buona ma non memorabile, diciamo senza entusiasmo, anche se assai scenografica con la vellutata di pesce versata al momento direttamente sul polipo.

Il pesce spatola con yogurt, cetriolo ed aneto

La zuppa di pesce con polipo e seppie

Terminiamo con il ‘Porco pinne gialle’ maiale tonnato con scalogni dolci, dove il maiale a detta dello chef è porco fuori e porco dentro, forse un pò “estremo” ma gradevole, con lo scalogno che è un vero conquistatore di buongustaie, e il ‘Pavido da cortile’ terrina di coniglio con pinoli, olive e salsa di cipolla bruciata, che non mi convince del tutto ma forse perchè è buono in quanto non sa troppo di coniglo. Magie del camouflage gastronomico!

Il maiale tonnato con scalogni dolci

La terrina di coniglio con salsa di cipolla bruciata

Nel frattempo veniamo puntualmente smascherate dal nostro amico chef-patron: “Macchina fotografica, taccuino…siete delle food blogger vero?”, detta così suona quasi seria. Sì lo siamo! Ma lui non hai mai sentito parlare del nostro blog ovviamente. Poco male, se non altro ha dimostrato di essere sul pezzo!

Dolci

La cheese cake con vin brulè e croccante di zucchero

La macedonia di frutta e verdura

I dessert sono tutti molto curati e assai godibili: dalla ‘Tu vuò fa l’ammmericano’ cheese cake con vin brulè ghiacciato e croccante di zucchero, originale e sorprendente nella sua crudità per l’assenza del classico biscotto e la decisa presenza del sorbetto al vin brulè, all’ ‘Agro balcanico’ macedonia di frutta e verdura con crema di limone verde, un pò scomoda nella sua ciotola sbagliata (“Ho dovuto usare il dito per raccogliere la frutta!”, si lamenta Elisa). Per finire assaggiamo l’ ‘Imprescindibile’ cioccolato fondente soffice e gelato di frutto della passione, assai fresco e goloso, e l’ ‘Augusto e Melba’ Pesca, crema alla vaniglia, mandorle e lampone, semplice e stuzzicante.

Il cioccolato soffice con gelato al frutto della passione

La pesca con crema alla vaniglia e mandorle

Quella che troviamo qui è indubbiamente una creatività da godere e da apprezzare in un menù equilibrato, ma con porzioni che restano più da nouvelle cuisine che da disperate. Ce lo aspettavamo! Come ci aspettavamo la calorosa ma forse un pò “studiata” accoglienza del nostro oste, sarà perchè ha capito che siamo delle pericolosissime blogger? In ogni caso il baffuto ha saputo metterci a nostro agio e a tratti stupirci con effetti speciali, perciò gli lasciamo circa €47 a testa e lo salutiamo con una certa curiosità su come cambierà il menù da una stagione all’altra. A presto! V.

Manna Ristorante
P.le Governo Provvisorio 6, Milano
Tel. 02 26809153

Chic ‘n Quick Trattoria Moderna

Cuochi in vetrina e buongustaie curiose

Cena del 26/05/2011
Ah, come mi piace l’autunno. Le foglie rossastre, il cielo terso, l’aria frizzante…e poi il brasato con le patate, i tajarin al ragù, il barolo…vabbè, mi piace a 360 gradi, che male c’è? Ebbene sì, siamo di ritorno fresche fresche dalla meravigliosa Fiera del Rapulè 2011, che consigliamo animatamente e vivamente a tutti. Vi rimando al link di cui sopra per maggiori informazioni, noi eravamo un tantino troppo impegnate a mangiare, bere, e rompere i bicchieri reciproci per stilare un resoconto decente. Ma vi assicuro che ne vale la pena!

Veniamo invece alla nuova recensione, ma come siamo messe? A ottobre a rimembrare con nonchalance la cena di maggio? Per la risposta a questa e (forse) altre domande fate un salto qui, mentre per la cena in questione vi annuncio che ci siamo date un tono. Non troppo però, disperate siamo, disperate rimaniamo, ma su proposta di Chiara ci siamo accomodate dalla giovane e avvenente vicina di casa del Sadler di Milano. IL SADLER DI MILANO??? Vedo già occhi sbarrati, bocche spalancate e qualche “lo sapevo che non erano delle pezzenti come cercano di farci credere queste qui!”. In alternativa, immagino anche qualche “Sadler chi?”, chè il nostro pubblico ci piace vario, si sa. Claudio per gli amici (almeno spero che i suoi amici non rispondano a ogni sua domanda con “Sì CHEF” o “No CHEF”), oltre che cuoco di gran fama, è anche un simpatico ometto che ha pensato bene non solo di dotare di un’enorme vetrina sulla strada la cucina del suo ristorante in Via Ascanio Sforza, ma anche di aprire a fianco allo storico locale una “trattoria” dove riproporre la sua cucina rivisitata a prezzi da disperate (che poi sono le pezzenti di cui sopra). Iniziativa interessante e spunto buongustaio per ritrovarci a sbirciare attraverso la vetrina a vedere come sono belle queste enormi, luccicanti cucine professionali, e magari anche gli esperti addetti che ci lavorano dentro…bè, se no cosa li hanno messi a fare ‘sti poveretti dentro l’acquario, diamogli un pò di soddisfazione, no? ;-D

Antipasti

Naturalmente tutta questa curiosità ce la portiamo anche dentro, in un ambiente minimalista e raffinato, molto “lounge”, quasi freddo a dire il vero, legno in ogni dove (compresa un’inquietante signorina in forma di statua alle nostre spalle che ci fa sentire osservate per tutta la cena), una sala lunga e stretta e anch’essa parzialmente in vetrina, ma discretamente celata dalle candide tende. Very chic, non c’è che dire. Vediamo se sono anche quick, che c’abbiamo un certo languorino. Il menù si apre con una sezione dall’allettante titolo “Dedicato ai gourmet”, vale a dire “Per chi glie piace magnà”, ah sì quelle siamo noi! Vabbè, interpretazioni a parte, l’idea è questa: servire ciascuna entrata di questa parte del menù, sapienti mix di creatività e ingredienti tradizionali, con la bevanda che più ne esalta i sapori, per essere a sua volta esaltata dalla portata naturalmente. Il risultato, dato che decidiamo comunque di ordinare anche il vino, è che abbiamo già 2 bicchieri a testa sul tavolo e non abbiamo ancora cominciato a mangiare. Avanti così!

I fiori di zucchina farciti di rombo, gamberi e mozzarella

La sfogliatina di scalogni banana, lardo e toma

Scegliamo innanzitutto i Fiori di zucchina farciti di rombo, gamberi e mozzarella, insalata di zucchine e mandorle tostate con calice di Cruasè Roccapietra (Cantine Scuropasso) con annessa divagazione per domandarsi se sia nata prima la zucca o la zucchina, e a che punto si presenti il fiore. Tutto questo mentre ci gustiamo i fiori in questione, abbastanza succulenti devo dire, con il loro affollato ripieno, insieme alla Sfogliatina di scalogni banana, lardo venato al rosmarino e toma dell’Ossola fusa con calice di Birra Moretti “Doppio Malto” (daje, lardo e birra doppio malto…ma noi ci sentiamo comunque chic, ve lo assicuro), che è veramente originale e curata e l’abbinamento con la birra assolutamente sorprendente.  C’è poi il Foie gras d’oca con mostarda di zucca e pane all’uvetta con calice di Moscato di Pantelleria Turbè 2007 (Salvatore Murana) ensemble estremamente dolce (pure troppo) e raffinato, e la Crema di melanzane, fiocchi di burrata, bruschetta a dadi e pomodorini canditi con calice di Chardonnay 2010 Tormaresca che vince la mia personale palma gourmand: deliziosa mescolanza di consistenze e profumi della tradizione, assai gustosa.

Il foie gras d'oca con mostarda di zucca e pane all'uvetta

La crema di melanzane, fiocchi di burrata, bruschetta e pomodorini

Primi e Secondi

L’argomento clou di stasera è: cosa succede quando si va a convivere? Bè, io e Laura già lo sappiamo, naturale quindi tranquillizzare Elisa che sarà tutto bellissimo, tranne in quei giorni (che non sono necessariamente QUEI giorni) in cui avrai voglia di schiaffeggiarlo con un badile, o in cui attraverserete una crisi Mastro Lindo, altrimenti detta “quando LUI fadisordine” (tutto attaccato). Però anche noi ci mettiamo del nostro (ecco, adesso c’entrano veramente QUEI giorni), quindi grazie a questo equilibrio alla fine si vive tutti felici e contenti. Tranne quando non funziona e ci si lascia, si capisce. Ecco, siamo o non siamo pronte per il prossimo talk show del dopo pranzo di Rai 2?

Torniamo alla nostra cena che è meglio: grazie a Laura notiamo che questi piatti risultano molto “estetici”, mentre Elisa riflette che, in fondo, essere buongustaie è un pò una maledizione. Perchè? E voi come lo chiamate gustarvi appassionatamente un antipasto sapendo di dovervi fermare al primo quarto perchè siete circondati da altre tre assatanate come voi pronte a strapparvelo? Praticamente una condanna. Per fermare questo strazio, ordiniamo due primi e quattro secondi, e che la chiccherìa continui!

Gli spaghettoni con limone e bottarga

I ravioli di melanzane e mozzarella di bufala

Dividiamo quindi in quattro (strazio dello strazio) i due primi prescelti, ossia gli Spaghettoni di pasta fresca, limone e bottarga grattugiata, generosi e delicati ma forse un pò troppo al dente, e gli ottimi Ravioli di melanzane e mozzarella di bufala e filetti di pomodoro, che io trovo eccezionali nella loro candida semplicità. Nei secondi invece trionfa il pesce: si parte con il Filetto di rombo al pan prezzemolo, patate alla forchetta e fagiolini, un altro piatto che punta sulla semplicità degli ingredienti ma con un pò meno personalità, le Capesante gratinate, per le quali decidiamo che la locazione nel menù è sbagliata (che poi l’importante è che si collochino nello stomaco, sicchè), lo Spiedino di gamberi alla griglia con salsa al curry e riso basmati tostato con verdurine di stagione, saporito e assai scenografico, e infine LEI, la regina della serata: la Spigola in crosta di fili di patate con insalatina e spuma al rafano. Un piatto davvero speciale, equilibrato, creativo senza essere pretenzioso. Lunga vita alla regina!

Il filetto di rombo al pan prezzemolo e fagiolini

Le capesante gratinate

Lo spiedino di gamberi con salsa al curry

La spigola in crosta di patate con spuma al rafano

Dolci

E se la spigola è la regina, i dolci sono i fuoriclasse! La deliziosa carrellata dei dessert parte con il Fondente di cioccolato amaro con spuma di caffè, aromatico e golosissimo, il Semifreddo al caramello con tartare di mele al calvados, accostamento dolcissimo e originale, il Tortino di yogurt ai frutti della passione con pasta dolce di grissini e arachidi, stuzzicante ed esotica rivisitazione della cheese cake, ed infine l’Insalata di fragole, crema chantilly e meringhette, forse il più banale dei quattro ma non per questo meno godibile. Dieci e Lode!

Il fondente al cioccolato amaro

Il semifreddo al caramello con tartare di mele

Il tortino di yogurt ai frutti della passione

Insalata di fragole, crema chantilly e meringhette

Concludiamo la serata a dir poco satolle, apprezzando senza dubbio l’originalità degli accostamenti, in particolare quella degli assaggi “gourmet”, e l’innegabile freschezza delle materie prime, il tutto in piatti fatti apposta per distinguersi ed essere in qualche modo diversi, e forse per questo a tratti un pò artificiosi, ma di sicuro impatto. Claudio intanto fa la sua comparsa in sala (non per rendere omaggio alle famosissime blogger, che ve lo dico a fare), e noi ci dedichiamo alla lettura dei fondi del caffè (con un pò di fantasia qualcosa viene sempre fuori). Conto totale €231, niente male considerata l’abbondanza della chiccherìa. Alla prossima! V.

Chic ‘n Quick Trattoria Moderna
Via Cardinale Ascanio Sforza 77, Milano
Tel. 02 89503222

Ristorante VietnamMonAmour

Appuntamento al buio (con la zoppa)

Cena del 18/04/2011

Sono pessima, lo so (cit.).

E sono anche fastidiosamente autoreferenziale, dato che cito me stessa. Bè, nessuno è perfetto! (cit./2) (questa non sono io però).

Ok questo è un post difficile, come lo chiamiamo, A VOLTE RITORNANO? CHI NON MUORE SI RIVEDE? CHI VA CON LO ZOPPO IMPARA A ZOPPICARE? (questa ve la spiego dopo). La verità è che sono MESI che questo blog non viene aggiornato, e non per mancanza di spunti, che pensavate che stavamo a ‘fa il digiuno? Ma non scherziamo, magnare se magna, sempre e comunque! Solo che è un mondo difficile. Capita. E capita anche che il mio Lui un giorno proponga di cambiare operatore telefonico perchè così vediamo X Factor (questa è difficile, ma fidatevi, un nesso c’è) e che QUEL particolare operatore telefonico sia rapido nell’attivarci la nuova linea come un bradipo in fin di vita che cerca di combattere un colpo di sonno.

Ecco, diciamo che un paio di mesetti pieni sono andati via così, lisci lisci, senza nessun accesso alla rete! Il resto bè, ho esordito dicendo che sono pessima, direi che è più che sufficiente! Ma rieccoci qua, con ben TRE recensioni dei posticini che abbiamo visitato fino a poco prima della pausa estiva (ecco, ho trovato un’altra scusa per la nostra assenza ;-P), quindi tutto sommato torniamo belle sazie (ma mai del tutto naturalmente).

Cena di aprile dunque: tanto per rendere le cose ancora più complicate, il luogo prescelto presentava non poche difficoltà dal punto di vista, come dire, narrativo, considerato che per ricordarmi decentemente i nomi dei piatti ho dovuto scribacchiare tutto il tempo sul mio taccuino come una povera pazza, sapendo perfettamente che a stento sarei stata in grado di decifrare quello che stavo scrivendo. Altra difficoltà: la prima cosa che colpisce di questo locale è l’atmosfera, intima e ricercata,  ma cosa c’è di meglio delle luci soffuse per creare un’atmosfera ancora più intima? Ecco appunto, le luci soffuse. Al limite delle tenebre, direi, per questo vi informo che questo post stimolerà molto la vostra immaginazione, dato che non è stato possibile realizzare delle foto degne di questo nome. Ma in fondo tutto ciò ha un che di poetico, giusto?

Un pò meno poetiche erano le espressioni di sdegno utilizzate da Elisa per raccontarci il suo pomeriggio appena trascorso al pronto soccorso: azzoppata da un ginocchio fuori uso conseguenza di un’altrettanto poetica camminata tra i monti (ecco dove compare lo zoppo), aveva trascorso la ultime 6 ore nella speranza di adescare un ortopedico in ospedale, finendo con l’abbandonare il suddetto luogo di perdizione senza risultati apprezzabili, se non quello di arrivare zoppa alla meta per l’appunto.

C’è da dire che il Ristorante Vietnam Mon Amour è un posto assai amabile, molto curato, che dispone anche di un Bed & Breakfast arredato in stile vietnamita, così come il ristorante: arredi recuperati dal paese di origine dalla proprietaria, ex docente universitaria figlia di emigrati vietnamiti trapiantati a Parigi, a sua volta trapiantata a Milano, dove dopo 10 anni di insegnamento ha pensato bene di sposare un piemontese appassionato di vini, ex manager di un’azienda farmaceutica, e avviare questa interessante attività. Il tutto in un ambiente accogliente, un pò affollato per la verità, ma non in modo fastidioso. Vi raccomando la prenotazione, il locale è molto conosciuto.

Antipasti

Vediamo dunque cosa combinano questi due personaggi che hanno realizzato quello che rimane il sogno di molti (compreso il mio), ossia gettare alle ortiche la rassicurante ma alienante (e spesso delirante) vita del lavoratore col posto fisso per buttarsi in un’avventura cultural-gastronomica alimentata da pura passione (questo si vede subito). Il menù è molto ricco, racconta una cucina dai sapori agrodolci, abili nello stimolare i sensi e capaci di rivelare una grande varietà.  Il vino ce lo consiglia il consorte della padrona di casa, che ci ammonisce sull’impossibilità di assaporare un qualsivoglia prodotto di vitigni vietnamiti: non s’ha da fare, causa, a quanto pare, avverse condizioni climatico-ambientali. Poco male! Ci propone un ottimo Carjcanti del 2008 di Gulfi, aromatico IGT siciliano prodotto da uva proveniente da agricoltura biologica.

Il Vino

Ci tuffiamo nel ricchissimo menù, con qualche difficoltà interpretativa (notare che Chiara rivela un’abilità inaspettata nel pronunciare tutti gli impronunciabili nomi delle portate, mi sa che se la ipnotizzassimo scopriremmo dettagli sorprendenti sulle sue vite passate), e dagli antipasti peschiamo una serie di stuzzicanti involtini: “ Nem” involtino di granchio e noodles in sfoglia di riso croccante, “Banh cuon” involtino di carne in sfoglia di riso al vapore, “Goi cuon” involtino di gamberi con menta, erba cipollina e noodles e per finire “Goi cuon (al salmone)” involtino di salmone affumicato con aneto, sesamo e noodles di riso. Cosa emerge da tutto ciò? Bè, tanto per cominciare che la cucina vietnamita non è fatta per essere divisa: le difficoltà che incontriamo nel cercare di spartire il tutto come di consueto sono insormontabili, così optiamo per un più semplice assaggio in condivisione pescando qua e là dai nostri quattro piatti, tra un giochino con le bacchette e un’immersione nelle sapienti salsine che accompagnano il tutto. Le materie prime si rivelano subito ottime, e molto fresche. Sapori inediti non c’è che dire, ma ce lo aspettavamo, e noto che l’olfatto non è particolarmente coinvolto in questi piatti: è più un gioco di gusti accostati tra di loro, in un percorso che andrebbe seguito con una certa diligenza, nel passare da un intingolo all’altro, come infatti ci viene spiegato da chi ci serve al tavolo…tutto ciò è molto inebriante!

Secondi

Per la portata principale, decidiamo di scegliere piatti molto diversi tra loro (tanto per cambiare), anche se nel menù è comunque il pesce a farla da padrone: ecco il Tonno scottato nel wok al frutto della passione con galletta, un accostamento deciso e molto armonioso, il “Vit nuong” confit di anatra con salsa all’arancia e riso, lievemente aromatico, il “Cua” granchio fresco farcito con carne di maiale e noodles, decisamente saporito, e i “Muc nuong” calamari freschi dorati al forno con verdure al sesamo, un mix delicatissimo e quasi dolce, che forse riassume anche la differenza nel modo di cucinare il pesce rispetto alle nostre abitudini mediterranee. Spinte dalla curiosità, aggiungiamo un quinto assaggio per provare i “Bun cha” bocconcini croccanti di maiale con sesamo e salsa di soia, buoni ma meno originali dei piatti a base di pesce.

Il Tonno scottato al frutto della passione

Bun cha

Muc nuong

Vit nuong

Dolci

I dessert suscitano molto la nostra curiosità, dato che non sappiamo proprio cosa aspettarci. Si passa dalla “Banh xeo” crèpe di riso con gelato e salsa allo zenzero, che risulta un pò troppo umida per i nostri gusti, e d’altra parte è certamente un dolce un pò impegnativo data la forte preponderanza dello zenzero, forse si gusta meglio in dimensioni più ridotte, al delizioso Tiramisù al caffè vietnamita, che ovviamente invece per noi risente del problema opposto (troppo piccolo!), per finire con due torte dall’aspetto classico ma decisamente sorprendenti: la Torta di mango tiepida con panna speziata e la Torta al cocco con panna alla cannella, entrambe un trionfo di profumo e sofficità, e in tutte e due la panna è un accompagnamento ottimo e dolcissimo.

Banh xeo

Tiramisù al caffè vietnamita

Torta di mango

Torta al cocco

Finiamo la serata contemplando i piatti vuoti e assaporando la dolcezza che ci pervade in quantità industriale, anche perchè tra una chiacchiera e l’altra Elisa ci ha annunciato di essere prossima alla convivenza (con il suo Lui ovviamente), ma per le perle di saggezza relative a questo argomento vi dò appuntamento alla prossima puntata…intanto vi informo che la spesa ammontava a €179 in totale (incluso il vino che da solo ne costava 30, d’altra parte il cibo esotico merita un accompagnamento di un certo livello, o forse è solo perchè abbiamo le mani enologicamente bucate) e che l’impressione generale è stata ottima, certamente questa è una tappa obbligata a Milano per gli amanti della cucina orientale magari un pò stufi del solito sushi. Alla prossima! (che sarà ovviamente prestissimo, visti gli arretrati) V.

Ristorante VietnamMonAmour
Via Alessandro Pestalozza 7, Milano
Tel. 02 70634614

Bistrot Il Sole

La febbre e altri rimedi

Cena del 22/03/2011

La primavera scatena in me sentimenti contrastanti. Allegria e voglia di rinascita, certo, ma anche una leggera, serpeggiante depressione. Perchè? Bè, non è che qui posso prendere la macchina e andare a godermi una passeggiatina in riva al mare, come farei nella mia terra natìa. Al massimo posso passeggare all’idroscalo in compagnia di qualche zanzara che si allena in vista delle annuali olimpiadi di vampirismo. E vabbè! Le serate buongustaie esistono anche per scoprire quanti motivi ci sono per essere (nonostante tutto) felici! La felicità però deve avermi dato alla testa, visto che la serata terminerà con un brivido e un calore inaspettati. Non perchè abbiamo dedicato il post-cena agli spogliarelli per sole donne, ma solo per colpa della mia temperatura corporea, che dopo l’arrivo a casa segnava un rispettabilissimo 38,8. Pensate che tutto ciò mi abbia fermata? Io ho sempre fame, sappiatelo. Non c’è speranza, nè febbre che tenga. E il posticino della cena di marzo, valeva lo sforzo!

Questo “bistrot”, come graziosamente si autodefinisce, è veramente da provare: dopo una cenetta in compagnia del mio lui, il mio unico pensiero era stato “devo assolutamente tornarci con le buongustaie!” Dopo tutto, la felicità andrebbe sempre condivisa. Anche la febbre, a quanto pare, ottimo rimedio allo stress da ufficio secondo Elisa (nel mio caso più che un rimedio, trattasi di evidente somatizzazione), un pò meno per Chiara, che appena avverte il mio malessere manifesta il desiderio di indossare la tenuta da lavoro dei tecnici delle centrali nucleari. Niente di personale nei miei confronti, ma il rischio di mettere a repentaglio il consueto viaggio Milano-Roma per il raggiungimento del suo bello è troppo alto!

Antipasti

Vi consiglio di fare due passi o prendere la bicicletta per raggiungere Via Curtatone, non tanto per il tepore in aumento, ma perchè la macchina non avrete modo di metterla da nessuna parte (almeno finchè non inventeranno i parcheggi a due piazze). Arriviamo pertanto appiedate al nostro ristorantino, solare anche nell’accoglienza: mentre aspettiamo fuori Elisa, LUI, il nostro oste, futuro protagonista indiscusso della serata, fa capolino per invitarci ad attendere dentro: “Se volete entrare, vi offro da bere”. Ecco la parola d’ordine! Elisa ci trova intente a sorseggiare uno spumantino sedute ad uno dei semplici tavoli di legno del locale, non grandissimo ma spazioso, diviso in tre salette discrete e dall’atmosfera tranquilla ma non prive di una certa personalità.

Il Vino

La lista delle portate si limita a pochi piatti che campeggiano sulla grande lavagna all’ingresso nonchè su un simpatico libricino, tanto che “Ci porti tutto il menù!” (e non per modo di dire) è il nostro primo pensiero. L’oste ci rivolge uno sguardo impenetrabile ma complice, la sua cortesia e il suo modo di fare ci hanno già conquistato. Tanto che Elisa stasera abbandona lo scettro di sommelier per donarlo all’esperto patron, che con un sorriso furbetto si allontana e torna con uno Shiraz del Lazio di Casale del Giglio del 2009, che ha su di noi lo stesso effetto dei suoi modi affabili. L’entusiasmo è già alle stelle!

Ordiniamo per intero i tre antipasti proposti, con un occhio alle sfiziosità a base di  formaggi: anche durante la mia prima visita avevo adorato l’hachis di patate e spinaci novelli con piccola fonduta di Fontina, delizioso! Si scioglie in bocca, è saporito e armonioso. Dividerlo in quattro è un sacrificio indicibile, ma ci consola il fatto che ci spetta un quarto di ciascuna entrée. E qui sorge un problema, o forse un’opportunità: questa divisione in quattro quarti di ogni portata da un lato pone sfide inaspettate, come con il sautée di straccetti di anatra confit su insalatina di finocchi, arance e croutons, laddove la suddivisione in quattro porzioni è ostacolata dalla natura errante degli straccetti; dall’altro porta Elisa a cercare il riscatto dopo le carenze dimostrate l’ultima volta riguardo alla cucina molecolare, e a inaugurare la “cucina matematica”. A Beautiful Mind, mi verrebbe da dire. Ma mi piace!

L'hachis di patate e spinaci con fonduta di fontina

Il sautée di straccetti di anatra con insalata di finocchi e arance

Il sautée è originale e curato come tutti gli antipasti, ma un pò insipido, mentre l’hachis è perfetto. Lo amo. Ma le tentazioni sono troppe, sono costretta a tradirlo: arriva lo chèvre gratinato al forno su crostoni con miele di castagno e noci, ed è subito insana passione: questi crostoni sono la fine del mondo, i sapori si fondono meravigliosamente, gli ingredienti sono squisiti, l’insieme è golosissimo. Elisa prima fa di no con la testa, tanto non riesce a credere alle sue papille gustative, poi arriva a notare che anche l’insalata di accompagnamento è freschissima. Quando si dice che i dettagli sono tutto.

Lo chèvre al forno su crostoni con miele e noci

Le code di gamberi su passatina di lenticchie al timo e limone

Intanto la cucina matematica comincia ad avere conseguenze drammatiche, come quando Laura, intenta ad assaporare la sua parte rigorosamente entro i confini designati, esclama con sgomento “Oh Dio! Ho preso la scarpetta di qualcun altro!” Ebbene sì, il suo pezzetto di pane ha sconfinato. Ma la colpa è dell’olio usato per condire le code di gamberi sfumate al brandy su letto di passatina di lenticchie al timo e limone: è veramente ottimo, e rivela grande cura nella scelta di tutti gli ingredienti. Anche questo antipasto è ben riuscito, assai gustoso e profumato. Un ottimo inizio!

Primi e Secondi

I tortelli di trevisana e ricotta con crema di grana

La spadellata di farro e orzo con trevisana e tometta

Intanto l’accortezza del padrone di casa si rivela anche in un udito degno dell’uomo bionico: Elisa non fa in tempo a raccogliere una posata caduta rumorosamente a terra che eccolo al suo fianco con quella di ricambio, “ma come faceva a sapere che si trattava di una forchetta??”, praticamente un supereroe.

Il menù sarà anche ristretto, ma l’unione tra la cura dei piatti e la mancanza di pretenziosità, lo rende assolutamente vincente. Lo confermano le portate principali, cominciando dai tortelli di trevisana e ricotta con crema di Grana di Lodi: il ripieno sprigiona subito tutti i sapori, la pasta è ottima, e il condimento è leggero ma deciso. Buona anche la spadellata di farro e orzo con trevisana e tometta delle Langhe: “Mi piace l’uso che fanno dei formaggi” ha il tempo di osservare Laura prima di far sparire letteralmente il formaggio in questione (solo la sua parte, naturalmente). Gradevole l’accostamento della tometta con i cereali, anche se il piatto in sè è un pò sottotono rispetto alle altre portate.

Tajine di pollo con olive e limone su letto di cous cous

Arriva il tajine di pollo con olive e limone servito su letto di cous cous: “Sembra un arbre magique!” Elisa rende perfettamente l’idea dell’ebrezza suscitata dagli aromi che questo piatto sprigiona. Speziato e cucinato alla perfezione (Laura lo affianca senza paura alla versione da lei assaggiata in Marocco), il suo sapore incontra immediatamente le aspettative create dall’irresistibile profumo. Ottima nel gusto e nella qualità anche la tagliata di controfiletto Scozzese Angus Beef cotto sulla pietra ollare, saporitissima e accompagnata da delle squisite patate “vestite” da un sottile strato di buccia.

La tagliata di controfiletto scozzese cotto su pietra ollare

Dolci

Soddisfatissime, al limite della sazietà, decidiamo di ordinare solo due dolci in quattro, da accompagnare con due bicchierini di vino da dessert, per la precisione un Moscato di Samos del 2004 Grand Cru, deliziosamente aromatico e profumatissimo, e uno Sherry Pedro Ximenez “Triana” Bodegas Hidalgo, con tanto di origini e cenni storici raccontati dall’amico oste eno-esperto, sempre più disinvolto e professionale nel rispondere puntualmente (e a tono) a tutte le nostre domande a trabocchetto. Ormai è dei nostri!

La torta di mele al profumo di cavaldos e limone

Il crumble con salsa ai frutti di bosco

I dessert, tutti di produzione propria, sono semplici ma non banali: la torta di mele al profumo di cavaldos e limone, soffice e speziata, rivela una mano artigianale; infine affondiamo i cucchiaini nel crumble con salsa ai frutti di bosco sormontato da una soffice cupola di panna montata: ben fatto ed essenzialmente libidinoso.

Concludiamo con abbondanti chiacchiere e un conto di 150 Euro che per la qualità e la sazietà dell’esperienza di stasera si rivela una gradevole ciliegina sulla torta. Tutto questo, unito alla comicità discreta, in parte involontaria ma irresistibile del nostro oste, e all’accoglienza impeccabili, rendono Il Sole un posticino all’altezza del suo nome: una cucina eclettica, fresca, curata e a tratti orientaleggiante, ma senza perdere di vista la tradizione.  A presto! V.

Bistrot Il Sole
Via Curtatone 5, Milano
Tel. 02 55188500

Ristorante Al Bacco Andrea Carola

Tra l’atomico e il piceo

Cena del 22/02/2011

L’aria di primavera è lontana, col freddo ne avremo ancora per un pò e poi non dimentichiamoci il fantomatico “colpo di coda dell’inverno”, amatissimo dai meteorologi e da questi atteso ogni anno con aspettative quasi fanciullesche (a dimostrazione del fatto che anche quello andrebbe annoverato tra i lavori psicologicamente usuranti). Pertanto la cena buongustaia del mese ci consente di non disdegnare una confortante abbuffata anche stasera. Capirai, che sforzo!

Questo piccolo locale conta pochissimi coperti e uno spazio ristretto, ma anche per questo intimo e con un’atmosfera rilassante. Essenziali gli arredi (anche a tavola), professionale e gentile il personale, tra l’altro mi è piaciuta l’efficienza e la velocità del servizio, sopratttutto considerato che ormai le buongustaie sono partite in quarta, e in quattro quarti ordinano dal menù: 4 antipasti diversi, diversi i 4 piatti principali, e i 4 dessert. Ebbene qui non fanno una piega, ma credo che questo derivi anche dal basso numero di tavoli da servire. Ed ora la fame avanza!

Il Vino

Antipasti

Il menù spazia dalla terra al mare con piatti tradizionali per lo più lombardi, ma il momento della sua lettura e della conseguente scelta dei piatti è per noi come sempre motivo di irrefrenabile entusiasmo da un lato, ma logorante e dolorosissima indecisione dall’altro, il tutto dettato dalla fame disperata ovviamente, ma che il più delle volte si trasforma in un tragico effetto di confusione più totale. Ragion per cui quando la nostra cortese oste ci raggiunge per prendere le ordinazioni per un istante leggo un certo sgomento nei suoi occhi (come biasimarla?). Io scelgo i panzerotti ripieni di fiocco di culatello e mozzarella di bufala, molto succulenti e saporiti, il culatello è ottimo, mentre il panzerotto è goloso ma non leggerissimo, forse rivela nella cottura lo stesso difetto dello gnocco fritto servito con varietà di affettati: il fritto non è perfetto, un pelino unto, il che nel caso dello gnocco lo rende meno “vaporoso” ma comunque abbastanza saporito. Di ottima qualità gli affettati, che gustiamo insieme al vino scelto da Elisa, un Sassella Valtellina Superiore di Rainoldi che avremmo assaporato meglio aprendo la bottiglia una mezzoretta prima, ma che comunque non ci delude (NB: qui il vino è servito anche al calice).

 

I panzerotti con fiocco di culatello e mozzarella di bufala

Varietà di salumi con gnocco fritto

 

Anche i fiori di zucchina ripieni di mozzarella di bufala e acciughe in pastella leggera risentono di un fritto non abbastanza asciutto, ma gli ingredienti non mancano di qualità e il risultato è decisamente sfiziozo. Buono anche lo strudel caldo di carciofi e Asiago, personalmente ho gradito molto il mix degli ingredienti del ripieno, uno sposalizio delicato ma rustico.

I fiori di zucchina con mozzarella di bufala e acciughe

Lo strudel di carciofi e Asiago

Secondi

Intanto le chiacchiere galoppano, tradizione vuole che i nostri appuntamenti serali siano anche angoli in cui dare sfogo a fantasie di vite alternative dove le quattro buongustaie su suggerimento di Elisa entrano a tutto tondo nel food business e decidono di aprire “un ristoro” (cito testualmente), salvo rendersi conto che detta così non suona tanto difficile, basta comprare un gazebo al Leroy Merlin e cominciare a vendere limonata sulla riviera ligure. Che “ristorante” paresse troppo impegnativo?

Come secondo io scelgo il sandwich di filetto di branzino al forno con battuto mediterraneo, e devo confessarlo, mi conquista! Al punto che metto seriamenete a rischio le possibilità di assaggio da parte delle mie compagne. Il pesce è ben cucinato e con una salsina verde decorativa ma decisiva nel dare sapore. Elisa mi fa notare che con questo condimento il branzino un pò scompare, “però quello che ne rimane…” Promosso!

Il sandwich di branzino con battuto mediterraneo

Elisa si butta sulla padellata di controfiletto di manzo, patate e carciofi, abbastanza saporita e abbondante, mentre Chiara scegliendo la cotoletta alla milanese con patate saltate in padella rivela forse il desiderio di diventare esperta buongustaia amica della cotoletta (vedi qui), e da brava disperata non si arrende neanche dinanzi alla versione qui proposta, che per noi purtroppo non raggiunge la sufficienza: si sa, la vera cotoletta alla milanese va fritta nel burro, ma il burro in questione rivela una prepotenza eccessiva. Dovrebbe abbassare un pò la cresta e capire che la carne è la vera protagonista, non il timido ripieno di una panatura non all’altezza. Peccato!

La padellata di controfiletto con patate e carciofi

La cotoletta alla milanese

Laura invece c0n la silenziosa concentrazione che dedica all’ossobuco in gremolada con purè di patate ci fa intuire che qualcosa sta succedendo da quelle parti, ma che cosa? Che l’ossobuco si scioglie in bocca e il condimento è ben fatto, un pò abbondante forse ma esalta bene il sapore e la qualità della carne. Il purè di patate fa la sua comparsa in forma di piccoli ciuffi poco degni di nota, la disperazione avrebbe richiesto una presenza più decisa da parte del contorno, ma l’ossobuco, si sa, intimidisce non poco.

L'ossobuco in gremolada con purè

Dolci

Siamo abbastanza sazie, ma di rinunciare al dolce non se ne parla nemmeno, ovviamente. Intanto le elucubrazioni culinarie di oggi vagano incontrollate fino a quando Elisa non esprime il desiderio di provare la “cucina atomica”. Ho il vago sospetto che si riferisca alla cucina molecolare, anche se “atomica” a me fa pensare più a Hiroshima che all’atomo. Laura le fa notare che l’atomo e la molecola non sono la stessa cosa, e io che Ferran Adrià non sarebbe affatto contento sentendola parlare. “Ferr chi?” Ok, come disperate siamo perfette, sul lato buongustaie c’è ancora molta strada da fare, lo ammetto.

Mentre Laura conclude ricordandoci che “non si vive di sola cucina molecolare”, arrivano i dessert, e mai tempismo fu più apprezzato! Sarà per questo che trovo deliziosa la millefoglie con crema chantilly e scaglie di cioccolato fondente, che invece non desta l’entusiasmo delle mie colleghe, forse per il troppo sentore di burro nella sfoglia, ma la crema è comunque fresca e golosa. Fantasioso e delicato il semifreddo di torrone con marmellata di mandarino, e non male anche il tortino caldo di grano saraceno con marmellata di lamponi, anche se quest’ultima è un pò troppo acida, forse andava smorzata leggermente con un pò di zucchero a velo.

La millefoglie con crema chantilly e cioccolato

Il semifreddo di torrone con marmellata al mandarino

Il tortino di grano saraceno con marmellata di lamponi

Chiudiamo con lo sformatino caldo di cioccolato fondente, un pò banale e non particolarmente brillante, e per il quale Laura non manca di trovare l’aggettivo definitivo: “E’ decisamente piceo”. Appiccicoso, nerissimo, non fa una piega. Pensavate che fossimo rimaste a corto di parole eh? (In tutto questo Chiara lo è, tra la cucina atomica e lo sformatino piceo comincia a chiedersi se non dovremmo chiamarci semplicemente Le Disperate).

Lo sformatino di cioccolato

Arriva un bicchierino di barolo chinato da gustare in quattro tirando le somme della serata. Elisa, sempre più assorta, decide che dello chef di stasera dobbiamo premiare la fantasia e la cura nel pensare i piatti, ma è come se questo non fosse il suo mestiere da sempre. Che sia un disperato come noi? Nonostante qualche pecca, la cena è stata gradevole, le porzioni sono abbondanti, migliorabili le preparazioni, mentre il conto è un totale di 176 Euro, nessuna sorpresa da questo punto di vista. Per chi desidera un posticino tranquillo con una buona cucina ma senza troppe pretese, e dove si possa chiacchierare indisturbati. Alla prossima! V.

Al Bacco Andrea Carola
Via Marcona 1, Milano
Tel. 02 54121637

Ristorante La Genzianella

Sul cucuzzolo della montagna

Cena del 19/02/2011

Ed eccoci al primo post non milanese, ma senza allontanarci troppo dal capoluogo lombardo. Le buongustaie si sa, non si fermano di fronte a niente quando si tratta di mangiare, e qui le condizioni estreme ci sono tutte: la montagna, la neve, la temperatura sotto zero, e persino una vipera imbottigliata. L’occasione è data da un weekend in quel di Madesimo, tutta la nostra allegra compagnia alloggiata in un’unica tipicissima baita, vicini vicini! Certo passare due notti in uno stanzone coi letti a castello fa tanto gita delle medie e ci fa anche senitre più giovani, anche se qualcosa mi dice che i ragazzini delle medie non siano in grado di comunicare nel sonno a forza di russamenti da competizione (almeno spero).

Le buongustaie in trasferta in questo caso erano solo due, Elisa e Valeria, accomunate dalla passione per il buon cibo ma non dalla destrezza sugli sci, dato che Elisa potrebbe tranquillamente mangiare e sciare contemporaneamente, mentre io al solo pensiero sento che mi passa la fame. E ho detto tutto. Non che non ci abbia mai provato, e a più riprese! Ma vedo la morte in faccia ad ogni leggero scivolamento di una delle mie gambe. Ecco, diciamo che mi fa meno impressione scolarmi la bottiglia della foto qui sopra. Mangiamoci su!

La Genzianella è un allegro e assai informale ristorantino a Campodolcino, pochi chilometri dal centro di Madesimo, che io sappia una delle poche attrazioni gastronomiche della zona, ma di certo validissima. Si presta alquanto al nostro approccio disperato, dato che si mangia parecchio e si spende davvero poco, in più non bisogna neanche fare lo sforzo di ordinare perchè il menù è fisso ogni sera, a seconda di quello che è stato preparato quel giorno. Vai con lo slalom!

Primi

Il simpatico gestore saluta la nostra mega tavolata con un sorriso e l’elenco dei piatti del giorno, dove non mancano mai gli insuperabili pizzoccheri della Valchiavenna, da non confondere con quelli della Valtellina: quelli che servono qui non a caso vengono definiti anche gnocchetti bianchi chiavennaschi, e assomigliano come consistenza agli gnocchi per l’appunto, sebbene non siano a base di patate ma di farina, latte e pane raffermo. Le patate però le ritroviamo nel condimento, insieme a dosi massicce di bitto, casera, e burro come se piovesse! Strepitosi e golosissimi, e non sono mai abbastanza, per fortuna qui i piatti vengono riempiti dalle cortesi cameriere che girano tra i tavoli armate di mestolo e pirofila, per cui si può tranquillamente farsi colmare il piatto a piacimento, ed eventualmente chiedere un rabbocchino, insomma un vero inno alla disperazione buongustaia. Il vino è della casa, ma imbottigliato e personalizzato, e assai gradevole.

I pizzoccheri della Valchiavenna

I raviolini alle erbe

Subito dopo arriva un altro piatto fortissimo: degli squisiti raviolini alle erbe, semplici ma deliziosi, “ad ogni raviolino un’esplosione di sapori!” (Elisa ha già cominciato a dare il meglio di sè, e infatti segue un’espressione assorta e la frase “le erbe…sanno DAVVERO di erbe!”), fatti a mano e serviti con un condimento molto leggero che ne esalta il ripieno.

Secondi

Il locale è piccolo e affollato, mentre il personale fa avanti indietro dalla cucina con i vassoi ricolmi e un sorriso e una cordialità tali che io ed Elisa ormai li vediamo come angeli che sorvolano la tavola elargendo prelibatezze casalinghe, praticamente un sogno ad occhi aperti (effettivamente le nostra bottiglia di vino è già vuota). Arrivano le costine di maiale, cotte al forno, unte, saporite, da mangiare con le mani, assolutamente perfette! Accompagnate da una polenta taragna filante e gustosissima (e qui è iniziata una lunga serie di rabbocchini).

Le costine di maiale

La carrellata di secondi prosegue con i medaglioni di vitello in umido con funghi, un piatto semplice  dal sapore genuino, ma altrimenti non particolarmente degno di nota, e il cervo in salmì, molto saporito e ben cucinato, con un sughetto pronto per una magnifica scarpetta e per un’ulteriore dose di polenta, e vai col terzo rabbocco!

Il vitello con in funghi

Il cervo in salmì

Dolci

Siamo in tanti, il livello alcolico, unito a quello della soddisfazione mangereccia, è ormai alle stelle, non resta che sfogarci col dessert! Io ed Elisa, sempre in prima linea nella lotta al trend-setting fine a sè stesso, scegliamo il nostro vecchio e classico amico tiramisù che purtroppo in questo caso non raggiunge la sufficienza: niente da dire sulle materie prime, ma manca di leggerezza nella preparazione, come rimarca la mia collega buongustaia “è un dolce che deve essere volatile, venire su con te, invece questo ti tira un pò giù”,  sempre perfetta a dipingere un quadro con le parole.

Il tiramisù

Nota positiva invece per il gelato alle castagne con panna scelto dalla mia dolce metà, molto originale e cremoso, con tanto di pezzettini di castagne in bella mostra, e per il semifreddo al braulio, che è “inconfondibilmente al braulio”, come osserva Elisa, la quale subito dopo si lancia in una delle sue operazioni da blogger d’assalto decidendo fermamente di chiedere al gestore la ricetta dell’inconfondibile dolce in questione. Secondo voi come va a finire? Niente apertura con “siccome noi siamo delle blogger…” in questo caso, ma il risultato è ancora un buco nell’acqua. Tranquilla amica, riusciremo a farci prendere sul serio prima o poi. (Forse)

Il gelato alle castagne

Il semifreddo al braulio

Giunti a valle, arriva il momento dei digestivi, ed è lei la protagonista: LA VIPERA. Paura eh? E fate bene, sebbene mi rincuori il fatto di scoprire che la vipera in bottiglia non è la stessa dell’ultima volta che sono stata qui, mentre la grappa in questione è sempre assoluta protagonista dei digestivi della Genzianella. Io mi sono limitata a un piccolissimo assaggio, non era male, ma sicuramente qui fa molto di più l’effetto scenografico e il fatto che rimblazi la notizia che tale grappa sia fortemente afrodisiaca. Anche se fosse, dormiamo in 15 in uno stanzone, non credo che l’effetto afrodisiaco possa tornare molto utile. Tra l’altro ho scoperto che la ricetta originale di questa grappa consiglia di utilizzare per la preparazione una vipera “preferibilmente morta”. Quando si dice non dare mai niene per scontato.

Ed eccoci al conto, momento di vero godimento, per rubare un claim mangereccio di qualche tempo fa: ci siamo elegantemente sfondati, e il conto supera di poco i 20 Euro a testa. Eureka! O meglio, come esclama Elisa con un’espressione a metà tra il turbamento e un piacevole sdegno “Sto per morire e abbiamo speso solo €22 a testa!”, un quadro impressionista in questo caso, non c’è che dire. Se avete problemi a digerire (ma vi garantisco che non li avrete, se il cibo è genuino la digestione va da sola), potete fare una capatina al simpatico pub La Vitella nelle Nuvole, a pochi metri dal ristorante, per una sana grolla dell’amicizia in versione chiavennasca, senza dimenticare di fare un salto in bagno. Ma questa è un’altra storia…alla prossima trasferta! V.

Ristorante La Genzianella
Via Fraciscio 72, Campodolcino (SO)
Tel. 0343 50154

La Sacher Torte della Cucina Italiana

Tutti a scuola parte seconda

Pazzie in pasticceria e altri misteri
La primavera è alle porte! Bè, non proprio…viviamo a Milano, non possiamo pretendere di scrivere un blog e non avere un briciolo di credibilità. Però le giornate si allungano, e il sole si fa vedere più spesso! Ma fa ancora un freddo becco, altrochè. Poco male, oggi vi propongo un assaggio della seconda lezione del mio corso di pasticceria austro-ungarica: dopo la Linzer Torte ecco un altro metodo per portare il vostro colesterolo a livelli da far invidia (si fa per dire) a un novantenne o a chiunque sia convinto che senza una frittata a colazione non si possa affrontare la giornata. Scommettiamo però che il freddo sarà più sopportabile? Dev’essere così, altrimenti non si spiega la passione degli austriaci per quantità così scandalose di burro e uova. E scandalo sia!

La Sacher Torte altri non è che “la più famosa torta al mondo” (ma poi chi è che calcola gli indici di popolarità delle torte?), e la storia delle sue origini ricalca alla perfezione il classico episodio dell’apprendista/garzone di turno che, o per momentanea indisponibilità dello chef in carica, o per episodi fortuiti (per modo di dire) di ingredienti rovesciati per sbaglio sull’impasto in preparazione, si ritrovano a diventare inventori e perciò padri di alcune delle più famose realizzazioni culinarie di tutti i tempi. Perciò, viva Franz Sacher e il suo esperimento riuscito! Riuscirà anche a me? Ma certo, solo con un piccolo incidente di percorso, ma d’altra parte senza colpi di scena dell’ultimo minuto, che racconto appassionante sarebbe?

Ingredienti per una tortiera di 22cm circa:

Per la torta:
Burro a temperatura ambiente
175gr
Zucchero 175gr
Tuorli 150gr
Albumi 220gr
Cioccolato fondente 70% 175gr
Farina 00 175gr
Marmellata di albicocche 100gr

Per la glassa:
Cioccolato fondente 70% 250gr
Panna fresca 200gr
Burro 60gr

Cominciamo dalle uova (fatevene una ragione, con questi livelli di colesterolo non potrete donare il sangue per i prossimi 6 mesi): le quantità indicate sopra si ottengono con circa 7 uova, quindi separate i tuorli dagli albumi e pesateli. Innanzituttto montiamo a neve gli albumi con metà dello zucchero (circa 85gr), fate così: cominciate a montare gli albumi con le fruste elettriche, poi quando cominciano a incorporare aria (ossia, fanno le prime bolle) aggiungete lo zucchero, e continuate a montare finchè il composto non sarà ben sodo. Ma in tutto ciò, vi siete ricordati di tirar fuori il burro dal frigo? Ecco, fatelo subito, e magari tagliatelo a pezzetti prima di montare gli albumi, così si ammorbidisce più in fretta.

Adesso tagliate il cioccolato a pezzetti e fatelo fondere a bagnomaria. Per quanto riguarda la percentuale di cacao, potete anche scegliere un cioccolato meno forte (ovviamente deve comunque essere fondente extra), la ricetta della Cucina Italiana in realtà consiglia un 55%, io sono andata sul 70%, visto che un cioccolato leggermente più amaro non guasta data la presenza della marmellata in questa torta.


E’ il momento del burro (sale sale il nostro amico colesterolo): dobbiamo ridurlo a pomata, per questo ci serve che sia molto morbido. Schiacciatelo bene con le mani fino a quando non avrà assunto appunto la consinstenza di una pomata; poi aggiungete lo zucchero rimasto e mescolate bene con le fruste.

Incorporate piano piano i tuorli con una spatola di legno, e infine il cioccolato fuso che nel frattempo avrete fatto raffreddare un pò. Non avete il termometro? (non vi è consentito usare quello con cui vi controllate la febbre, sia chiaro) Trucco da pasticcere: bagnate con un pelino di cioccolato fuso la fossetta tra il naso e il labbro superiore, deve essere appena caldo al tatto, significa che ha raggiunto una temperatura di circa 30°, e quindi si può utilizzare. Inutile dire che se vi ustionate non è ancora pronto (e vi consiglio di pulirvi in fretta, o rischiate di rimanere con un tatuaggio che vi farà somigliare più a Hitler che a Franz Sacher).


Siamo arrivati al momento più divertente: le mani in pasta! O meglio, nell’impasto: dobbiamo unire al composto gli albumi e la farina, mescolando il tutto in modo uniforme ma senza smontarlo, cosa usiamo? Le mani! Un altro trucco del pasticcere: mescolare con le mani è molto più facile e veloce, perchè usando la mano aperta con movimenti dal basso verso l’alto gli albumi non si smontano, il composto si mescola delicatamente, e potrete individuare eventuali grumi di burro ancora da sciogliere. Procediamo: aggiungiamo al nostro composto cioccolatoso prima tutti gli albumi, un pò alla volta, sempre usando le mani, e poi la farina (setacciata) in tre volte. Ed è così che A MANO A MANO (scusate, non ho potutto resistere ;-P) l’impasto diventa uniforme, provare per credere! Imburriamo e infariniamo la tortiera, e vi versiamo il composto riempendola fino a 3/4 dell’altezza, dato che la torta gonfierà parecchio durante la cottura. Mettiamo in forno ventilato già caldo a 180° circa, e cuociamo per una quarantina di minuti (mi raccomando la prova stecchino, deve venire fuori perfettamente asciutto).


Dopo averla fatta raffreddare, tagliamo a metà la torta e spalmiamo sulla parte inferiore uno strato di marmellata di albicocche che avremo fluidificato leggermente con un pò d’acqua. Mentre aspettiamo che raffreddi, dobbiamo preparare la glassa: ed ecco l’imprevisto! Il mistero della ganache impazzita, che neanche Bob Giacobbo riuscirebbe a spiegare. Cosa è successo? Bè, per preparare la glassa proposta da questa ricetta dobbiamo per prima cosa mettere sul fuoco la panna fresca, e osservarla attentamente, perchè al primo (PRIMISSIMO) bollore va tolta dal fuoco. Alla panna aggiungete il cioccolato fatto a pezzettini e mescolate PIANO PIANO con una spatola di legno fino a quando il cioccolato non si sarà del tutto sciolto. Poi fate raffreddare fino a 30° (sempre con il metodo Hitler, lo chiamerò così, anche se suona malissimo), e a questo punto aggiungete il burro già morbido. Dove sta la pazzia? QUI:


Ebbene sì, mi si è impazzita la ganache. Non sono proprio riuscita a recuperarla, ma confesso che in questi momenti di tragedie culinarie io ho un asso nella manica: avete presente il principe azzurro? Scordatevelo, non esiste, e comunque io ho trovato molto di meglio. Un uomo che alle parole “Tesoro, abbiamo un problema” anzichè rispondere “Qui Houston, ripetere prego”, in men che non si dica indossa la divisa da supereroe (metaforica, niente calzamaglia per carità) e nel giro di un quarto d’ora esce di casa e torna con l’occorrente per preparare la ganache da capo. Ma occhio che il jolly in questione si può giocare solo una volta! Sospetto comunque che siano fondamentali la temperatura della panna, che io in effetti avevo fatto bollire un secondo di troppo, e la delicatezza nel mescolare il cioccolato e poi il burro, ma al secondo tentativo il risultato è stato perfetto:


Usiamo la nostra ganache ormai sana per ricoprire uniformemente la torta, livellando bene con una spatola. Poi la facciamo riposare a temperatura ambiente e infine serviamo con un bel ciuffo di panna montata e magari la scritta SACHER realizzata con una sac à poche (la mia non la vedrete perchè era semplicemente illeggibile, nonchè potenzialmente interpretabile come un insulto):


Et voilà! Era ottima, e che soddisfazione farla con le proprie mani! (in tutti i sensi) Alla prossima ricetta! V.

Osteria della Lanterna

Sciura Paola, grazie di esistere!

Cena del 31/01/2011
La prima cena del 2011 delle buongustaie parte un pò in sordina, a causa della mancanza della nostra piccola Chiara, sopraffatta dalla solita epidemia di influenza che travolge Milano all’alba di ogni nuovo anno. Fino all’ultimo la nostra fotografa amica delle ferrovie (per motivi puramente sentimental-romantici a distanza, non perchè protagonista di una liaison con un capotreno) cerca di resistere per non mancare al nostro evento mensile, ma febbre e mal di gola hanno la meglio. Maledette! Questo pertanto sarà un post spiritualmente incompleto, sappiatelo!

Inauguriamo la categoria dei posti alla buona con questa deliziosa osteria d’altri tempi nel pieno centro di Milano, lontana da qualsiasi parcheggio non sottoponibile a multa, rimozione, o altre sciagure da ausiliari del traffico (munirsi di gratta e sosta potrebbe comunque tornare utile). Non per Elisa, che dimentica a casa la patente ma in compenso molla la macchina in una postazione di tutto rispetto a pochi metri dal ristorante. Oh, non si può mica avere tutto!

Questo sì è un posto alla buona, e in senso più che buono (il gioco di parole è voluto, sono linguisticamente sadica lo so), dai grissini ancora nel sacchetto di plastica (“Bè ma tutto sommato è anche più igienico!”, rimarca la dottoressa Laura lasciandosi andare a un pò di deformazione professionale), al vino della casa in caraffa, oh come mi mancava il vino della casa in caraffa! Ogni tanto ci vuole anche quello, oggi lasciamo Elisa e le sue conoscenze enologiche a riposo. La sciura Paola, padrona di casa, è un personaggio meraviglioso, una donnina tuttofare che dirige la cucina, prende le ordinazioni (senza scriverle, attenzione), serve ai tavoli e fa i conti. Il tutto senza mai perdere un colpo! E intorloquendo in un immancabile dialetto milanese naturalmente, insomma diventa subito la quinta buongustaia disperata ad honorem.

Il menù è tutto nella sua testa, o quasi: l’antipasto vi accoglie all’ingresso della piccola osteria, un bel prosciuttone di fianco al bancone di legno sulla destra, mentre sulla sinistra una saletta con pochi tavoli e pochi fronzoli mette subito a proprio agio. Il resto dei piatti lo snocciola la sciura elencando 3 primi, 3 secondi e 2 dolci. E in fretta anche, perchè in cucina aspettano! Intanto i pochi tavoli vengono occupati in men che non si dica, quindi occhio a prenotare con largo anticipo.

Il vino della casa

Primi

I primi della sciura sono tutti fatti in casa, a mano! No un attimo “li fa la macchina”, precisa la Paola, con una sincerità disarmante ma denotando un certo spirito imprenditoriale, genuinità sì ma damioci una mossa se no altro che servire l’osteria piena tutte le sere! Scegliamo un piatto di gnocchi al gorgonzola e pistacchi e uno di pasta “alla disperata” (autoreferenziali come sempre). Due piatti in tre, ebbene sì, non siamo malate anche noi come Chiara, è solo che le porzioni qui sono da disperati veri! Due bei piattoni ripieni, trionfo del casalingo opulento! Gli gnocchi sono spettacolari, si sciolgono in bocca e il condimento è gustoso ma non troppo invadente; la pasta è un formato a metà tra rigatoni e mezze maniche, azzeccatissimo e dal sapore inconfondibile di pasta fatta in casa, con un sugo piccantino al prosciutto crudo veramente ottimo. Spazzoliamo tutto in men che non si dica, ripulendo il piatto degli gnocchi da ogni residuo di crema al gorgonzola, che neanche Horatio di CSI avrebbe potuto trovarne più alcuna traccia. Inutile dire che noi risultiamo molto più disperate di lui.

Gli gnocchi con gorgonzola e pistacchi

La pasta alla "disperata"

Secondi

L’assaggino di primi ci lascia abbastanza intontite, per cui decidiamo di dividerci un bel brasato con la polenta, che rivela anche lui una certa mano da sciura: tenerissimo, saporitissimo, si scioglie in bocca. La polenta rende Elisa un pò dubbiosa riguardo alla presenza o meno del latte, ma in realtà non facciamo in tempo a rifletterci troppo perchè l’abbiamo già fatta sparire. Decisamente ottimo, cucinato in maniera tradizionale e assai gustoso. Sciura Paola, torna a casa con noi, ti prego!

Il brasato con la polenta

Dolci

Concludiamo la cena restando sul classico, con i due dolci che offre la casa stasera, il tiramisù e il crème caramel. Cosa scegliamo? Ma che domande, tutt’e due signora Paola! (non che sembri minimamente sorpresa da ciò, riconosce delle sue simili quando le vede). Ecco, qui il tradizionale non sconfina affatto nel banale: il classicissimo tiramisù, attualmente un pò bistrattato in ambito gastronomico-pasticcero con l’accusa di essere ormai inflazionato, sull’onda di trend mangerecci che a quanto pare esigono emozioni decisamente nuove, è invece impagabile. Anzi, pagabilissimo, a peso d’oro direi. Lunga vita al tiramisù, e viva l’inflazione (tanto quella avanza in tutti i campi, tanto vale farsela amica). La crema è deliziosamente densa e fresca, molto leggera, un piacere irrinunciabile, perchè mai si dovrebbe andare alla ricerca di chissà quali alternative più “fashion”? Il crème caramel è un pò meno degno di nota per me (forse perchè ottenebrata nei sensi dal tiramisù non-fashion victim), Elisa invece è completamente conquistata: “Ma è da competizione! Tiepido, impalpabile, delicatissimo, gustosissimo”! Di certo assolutamente genuino e gradevole, abbastanza da testimoniare la sua presa di distanza da qualsiasi preparazione di tipo industriale.

Il tiramusù della sciura

Il crème caramel

Per finire come si deve e poter prolungare amabilmente le nostre immancabili chiacchiere di vita vissuta e convissuta, ci facciamo portare tre bei bicchierini di braulio, che assaporiamo lasciando che il locale via via si svuoti completamente. Ecco, forse l’impressione di stare davvero a casa proprio in questo senso è un pò pericolosa!

Quando i bicchierini sono vuoti e i tavoli intorno anche, ci rendiamo conto che a casa nostra non siamo, ci tocca alzarci! La sciura, dopo aver imprecato un pò contro il blocco del traffico in centro che l’ha costretta a scarpinare non poco quel giorno (tutto in milanese, ma non aspettatevi che io sia in grado di riportarlo testualmente), condivide con noi la gioia di aver finito presto e accontentato tutti in fretta stasera, perchè comincia ad avere una certa età lei eh! No sciura Paola, ti prego, dimmi che sei immortale, abbiamo bisogno di te! In tutto questo nel frattempo ci prepara il conto, facendoci tirar fuori 16 (avete letto bene, SEDICI) Euro a testa. Siamo sicuri di essere a Milano? Ebbene sì, niente teletrasporto, siamo a Milano, in Porta Romana, e se decidete di attraversare il menù concedendovi tutte le portate, probabilmente farete fatica ad arrivare a 25 Euro pro-capite. Meraviglia delle meraviglie! Posto perfetto per serate estemporanee tra amici o uscitine infrasettimanali poco impegnative quando non si ha voglia di cucinare a casa. Unico neo, l’estemporaneità risente del fatto che difficilmente troverete un tavolo libero senza averlo riservato almeno un paio di giorni prima. Ahimè, a quanto pare per i milanesi sentirsi a casa non è così facile! A presto! V.

Osteria della Lanterna
Via Giuseppe Mercalli 3, Milano
Tel. 02 58309604

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